martedì 4 gennaio 2022

I due fratelli Fresu


 Mentre uno steward gli offriva da bere, Fresu non poté fare a meno di pensare al fratello. Ricordò la loro infanzia, il cammino percorso insieme e di quanto la natura li avesse resi diversi, se non addirittura opposti. Lui aveva sempre vissuto per primeggiare, negli studi come nello sport, mentre Pietro era il classico perdigiorno di provincia. Frequentava quattro amici randagi, sempre pronti a creare problemi e far disperare i rispettivi genitori. Questo era durato per tutti gli anni delle superiori, infine, iscrittosi all'Università, Pietro aveva dato il peggio di sé.

        Invece di studiare letteratura, aveva pensato bene di fare la vita del filosofo/teppista, vivendo come il più classico dei vagabondi. Beveva smodatamente e dopo un anno fu assunto in una falegnameria, abbandonando così gli studi. Tra un chiodo e una trave si scoprì poeta, e cominciarono le collaborazioni con alcuni giornali indipendentisti, diventando popolare nell’ambiente nazionalista sardo.

        Come spesso gli capitava, tuttavia, in Pietro prevalse la sua inclinazione per la discontinuità. Decise di ritornare a Santa Chiara per aprire una falegnameria, e dopo qualche anno sposò Luciana. Raggiunse così un certo equilibrio, ebbe due bambini e una falegnameria tutta sua, dove realizzava anche degli apprezzabili lavori artistici.

        Dopo la morte della madre i due fratelli scelsero strade differenti. Giovanni diventò avvocato e astro nascente della politica isolana, mentre Pietro si votò a una vita tranquilla, persino ordinata. Nel suo appartamento romano Giovanni riceveva lettere con alcune poesie in sardo, mai firmate. Del resto non era necessario, infatti, per il deputato lo stile poetico del fratello era inconfondibile.

        Ora a tenerli uniti era il destino del vecchio padre, lentamente sprofondato nelle nebbie dell'Alzheimer. Tziu Francu aveva momenti di lucidità, ma era come un battello in balia della tempesta, orientato da un faro funzionante a intermittenza. La malattia l’aveva reso immune dai dolori e dalle gioie della vita, relegandolo in un’età senza tempo. Giovanni gli aveva assicurato la permanenza in una moderna casa di cura, ma lo incontrava con difficoltà. Il parlamentare non riusciva ad abituarsi: dopo ogni visita si sentiva profondamente sconvolto.

Il Brano è tratto da “La voce del Padrone,” di Vincenzo Maria D’Ascanio, Sa Babbaiola Edizioni, 242 pagine.

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