martedì 4 gennaio 2022

Breve sintesi del romanzo

“La voce del padrone” narra le vicende successive all’omicidio di una donna a Santa Chiara, piccolo paese nella costa orientale della Sardegna. Il suo corpo è recuperato tra i cespugli, e immediatamente partono le indagini. Le forze dell’ordine non hanno nessuna pista attendibile, e l’unico sospettato è il marito, un falegname che risponde al nome di Pietro Fresu. È stato davvero Pietro l’autore del delitto? Per rispondere alla domanda, da Roma arriverà il fratello Giovanni, un parlamentare potente e cinico. Il deputato ritornerà così nel paese d’origine dopo molti anni di volontaria assenza.

Giovanni assumerà dei collaboratori per dipanare l’intricata matassa, e gli eventi lo porteranno a confrontarsi con strutture organizzate comandate da persone senza scrupoli, celati in una holding finanziaria apparentemente legale. Tuttavia Giovanni, ritornando a Santa Chiara, ritroverà gli amici di un tempo tra cui Margherita, che lo porrà dinanzi al dualismo tra chi era e chi è diventato. Prima ragazzo timido e appassionato, ora disilluso e pronto a tutto per il potere. Mentre Giovanni cercherà di salvare suo fratello dal carcere, per lui arriverà il momento di preparare un drastico bilancio della sua vita.

 

Intro


 “E gli uomini hanno men rispetto di offendere uno che si facci amare, che uno che si facci temere; perché l’amore è tenuto da un vincolo di obbligo, il quale, per essere gli uomini tristi, da ogni occasione di propria utilità è rotto; ma il timore è tenuto da una paura di pena, che non abbandona mai.” (Niccolò Machiavelli, dal libro "Il Principe")

 

 

"Volevo essere amato perché ero importante, un grande uomo... ma non sono niente. Guarda, lo splendore intorno a noi... alberi, uccelli... Ho vissuto nella vergogna, ho umiliato lo splendore e non ne ho notato la magnificenza.. Che uomo stolto!" (dal film "The Tree of Life", di Terrence Malick)

 

 

“Nulla è più anarchico del potere. Il potere fa praticamente ciò che vuole. E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economica, che sfugge alle logiche razionali. Lo detesto, soprattutto il potere di oggi. Ognuno oggi ha il potere che subisce, è un potere che manipola i corpi in una maniera orribile e che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o Hitler: manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore istituendo dei nuovi valori che sono valori alienanti e falsi.” (Intervista rilasciata da Pier Paolo Pasolini sul set del film “Salò o le 120 giornate di Sodoma)

Prefazione a cura di Nino Melis, scrittore e giornalista.

Un intrigo internazionale  si snoda tra la Bosnia ancora insanguinata e un misterioso villaggio turistico sorto dal nulla nella  costa ogliastrina. La  posta in gioco non è però la sola speculazione turistico-immobiliare ma il controllo di un gigantesco  traffico internazionale di armi e droga.

L’ogliastrino  Giovanni Fresu, politico rampante in un partito della sinistra di governo, si trova così coinvolto  in un contesto imprevisto dopo la morte misteriosa  di Luciana, moglie del fratello Pietro,  affogata a poca distanza dal complesso turistico della Rosa dei Venti dove  la donna era stata assunta da pochi mesi. Le rigide misure di sicurezza che circondano il complesso turistico riservato a benestanti del Nord Europa, spingono l’uomo politico ogliastrino, sottosegretario in predicato di diventare ministro, a dispiegare le sue conoscenze per venire a capo della vicenda.

Scoprirà ben presto di non aver a che fare con un semplice omicidio ma con un intrigo internazionale dal quale emergono, uno dopo l’altro, i protagonisti inquietanti della Massoneria Nera, esponenti  dello spionaggio nel Mediterraneo, dal Mossad ad Hamas, un gruppo specializzato nella cattura di criminali di guerra e   persino un misterioso sceicco  a bordo del suo mega yacht ancorato al largo delle coste ogliastrine.

L’autore del  libro, Vincenzo D’Ascanio, riprende  in tal modo le tematiche sviluppate in due opere precedenti:  ‘’La terra dell’odio’’ concentrato sulle mafie che operano sulle coste ogliastrine e ‘’Valeria e le cattive compagnie,” dove il punto focale  è rappresentato dai guasti provocati  dalla politica dei partiti.

Dal canto suo l’Autore, per  molti anni militante con ruolo dirigente nelle formazioni della sinistra più dura, oggi  si  dichiara vicino ai movimenti anarco sindacalisti. Si tratta di una riflessione profonda che non poteva non lasciare un segno indelebile nell’ultimo lavoro, ‘La voce del padrone’ per l’appunto.  

Fin dalla prima lettura il libro  in questione si distingue per una  articolazione del racconto che procede a ritmo incalzante, su un filo narrativo sicuro pur in presenza di ambienti politici e sociali tra loro differenti, oltre che geograficamente distanti.

Tutto comincia nel villaggio turistico della costa ogliastrina che si colora di vicende sempre più misteriose e inquietanti. Da qui l’epicentro si sposta in una  Sarajevo ancora segnata dalle conseguenze della pulizia etnica, covo di spie e di complotti forieri di  vendette sanguinose.  Prossima tappa a Venezia con i misteri secolari che ancora popolano calli e palazzi. Né poteva mancare Roma come sede delle decisioni politiche più importanti a livello nazionale con risvolti internazionali. Cagliari invece è la naturale succursale sarda del potere romano ma non sembra voler  rinunciare al tradizionale ruolo di ponte commerciale e  culturale con il Nord Africa   e il mondo mussulmano.

Tra i protagonisti spicca la figura di  Giovanni Fresu con il segreto della sua forza  politica: la gestione  spietata di  un  caveau contenente documenti, mp3, carteggi digitalizzati, immagini e video. I fascicoli  riguardano  le vite politiche e private dei componenti del Partito di Fresu ma non solo. Le informazioni sensibili sono usate di volta in volta  come deterrente o come elemento di persuasione.   “Solo i paranoici si salvano’’ ama ripetere Fresu citando Machiavelli” e  il suo adagio “è molto più sicuro essere temuto che amato, quando si abbia a mancare dell’uno dei due.’’  

Il logo del titolo “La voce del padrone” ben si attaglia, pertanto,  a tutte le fasi della vicenda, compreso lo scenario finale scaturito dalla conclusione rocambolesca della vicenda criminale.

 

A mitigare la vittoria dell’assunto machiavellico secondo cui “il fine giustifica i mezzi” c’è però il ruolo svolto dalle donne. A cominciare da Margherita,  il primo amore di Giovanni che torna ad ardere dopo l’abbandono del marito della donna e la morte improvvisa della compianta compagna di Giovanni. Svolgono un ruolo positivo e moderatore anche le altre donne del romanzo: Veronika  a Sarajevo vittima della violenza etnica, Maria cugina di Giovanni che si prende cura dei figli di Pietro rimasto vedovo e la stessa Luciana che nel diario segreto denuncia la storia del mobbing messo in atto dall’ex fidanzato. Il sorriso delle donne introduce una nota di ottimismo e  di speranza nel villaggio costiero, che punta ancora  le sue carte su uno sviluppo turistico libero dai condizionamenti  di speculatori e affaristi.

 

Nino Melis, scrittore e giornalista.


 

L'avvocato Mario Esposito


     Quella mattina l’avvocato Esposito doveva incontrare Pietro Fresu. La sera precedente aveva lavorato al computer, per approfondire le parole di Deriu. Tuttavia aveva individuato un solo articolo, dove si scriveva che il MAN era stato un finanziatore dell’Odessa, l’organizzazione riservata alla fuga dei nazisti dopo il crollo del Terzo Reich. Erano presenti informazioni sulla stessa Odessa, che aveva contribuito alla fuga di Adolf Eichmann, uno dei più potenti e sanguinari gerarchi nazisti. Ciò aveva causato un feroce scontro col Mossad, i servizi segreti israeliani, che ne aveva decimato i vertici con la massima discrezione: incidenti d’auto, scomparse archiviate come fughe volontarie, suicidi sospetti, false e sanguinose rapine, improbabili sequestri.

Tuttavia non si diceva nulla a proposito del legame tra il MAN e la Rosa dei Venti: forse, se qualcosa era stato scritto, i legali della holding avevano prontamente agito per oscurarlo.

        A quel punto l’avvocato si fermò a riflettere: forse avrebbe ottenuto delle informazioni da David Menachem, un avvocato ebreo che da tempo viveva in città. Lo avrebbe contattato ricorrendo alle debiti cautele, anche perché con Menachem aveva un rapporto basato esclusivamente sul lavoro: la loro conoscenza si limitava a qualche caffè nel bar del tribunale.

 

        Esposito percorse il tragitto da Cagliari a Santa Chiara in tempi da record, 150 chilometri in cui l’Aston Martin dimostrò le sue potenzialità. Da questo punto di vista Mario era come un bambino. Aveva vissuto la sua infanzia e gran parte della gioventù nell’assoluta povertà, e se non fosse stato per la tenacia della madre la sua famiglia sarebbe andata a rotoli. Per questo non esitava a spendere per soddisfare i suoi desideri, e considerato che ormai era un principe del foro il suo conto era sempre in attivo, anche perché col tempo aveva imparato a destreggiarsi nel cambio delle valute monetarie. Spesso offriva delle soffiate anche a Giovanni, che comunque sapeva ricompensarlo garantendogli gli incarichi a disposizione, sino a farlo diventare uno degli avvocati più richiesti anche dagli altri dirigenti del Partito.

        Suo padre fece una brillante carriera militare, ma sperperava ogni lira nelle bische clandestine, che in quei tempi spuntavano come fiori nel cuore della Primavera. Mario ricordava perfettamente quando lui, la madre e i fratelli andavano a prenderlo in qualche covo della città. Tuttavia quell’uomo, nonostante i mille difetti, era di una bontà immensa e la madre, essendone innamorata, lo assolveva comunque. Per questo, se da un lato il giovane Mario visse nelle privazioni, dall’altro non gli mancarono l’affetto dei genitori e dei suoi fratelli, che avevano fatto l’impossibile per dargli la possibilità di studiare.

        Dopo aver parcheggiato, con la coda dell’occhio vide Pietro seduto sulla soglia, che fumava una sigaretta con aria assente. Aveva pensato bene di accorciarsi la barba: per la prima volta l'avvocato notò la somiglianza col fratello.


Il Brano è tratto da “La voce del Padrone,” di Vincenzo Maria D’Ascanio, Sa Babbaiola Edizioni, 242 

Le indagini in corso

Quella mattina Deriu iniziò la sue indagini con rinnovato vigore. Occorreva essere rapidi nel trovare delle prove a discarico, prima che il giudice potesse prescrivere un fermo cautelare. Per prima cosa l’esperienza gli suggeriva di conoscere il territorio. Così accese il localizzatore satellitare e partì da dove fu trovato il corpo di Luciana. Con la sua Land Rover percorse le strade del paese, forse sperando nell’intuizione o in un colpo di fortuna. Infine ritornò al punto di partenza. Dall’auto vide i nastri delle forze dell’ordine, e considerò che questo si trovava a pochi metri dalla strada che portava alla casa di Pietro Fresu. Una coincidenza?

        Scese dunque dalla macchina e si guardò intorno. A qualche centinaio di metri notò un incrocio tra due strade: una portava alla cittadina di Tortolì mentre la seconda, quella che appunto portava alla casa della famiglia Fresu, proseguiva lungo la collina sino alle ultime abitazioni della periferia occidentale, sempre più distante dalla costa. Decise di percorrerla, sperando d’individuare elementi sfuggiti alle forze dell’ordine.

        Prima si avvicinò ai nastri della polizia; sulla terra umida erano presenti delle impronte, ma erano tanto numerose che non valeva la pena verificarle. Di certo chi aveva eseguito i primi rilevamenti non aveva agito con scrupolo, forse il luogo non era stato nemmeno recintato in tempo, infatti, erano molti anche i mozziconi sparsi in ogni dove.  

Analizzare con attenzione la scena del crimine è fondamentale, ma ormai il danno era fatto, e il detective sperò che il verbale contenesse qualche elemento rilevante. Tuttavia le sue speranze furono liquidate quando il maresciallo Fiorillo, comandante della stazione, gli fece leggere la relazione: non era stato scritto nulla che potesse essere utile alle indagini, se non gli elementi più scontati.

        Tuttavia l’esperienza di Deriu fu decisiva per rilevare alcune tracce: in primis notò che, dove era stato ritrovato il corpo, era presente una sorta di solco scavato nella terra umida, anche se appena visibile. Purtroppo altri avevano camminato sullo stesso e questo talvolta perdeva la sua continuità, ma era chiaro che si trattava della stessa traccia. Deriu fece una foto, poi camminò lentamente accanto a esso, come se stesse eseguendo un complicato esercizio funambolico.

        Infine giunse in prossimità di una vasca in cemento armato: le classiche vasche delle campagne, utilizzate per abbeverare gli animali. Deriu la fotografò e cercò d’immaginare una possibile dinamica degli eventi. Forse Luciana era stata affogata e poi trascinata? Oppure qualcuno l’aveva portata là già morta, per poi trascinarla dalla macchina?

Ancora, se l’assassino avesse sbattuto la testa della donna contro le pareti della vasca, uccidendola in un modo così barbaro? L’investigatore camminò intorno al perimetro ma non vi erano tracce di sangue, né sulle pareti né sul terreno adiacente alla stessa. Forse quest’eventualità era da escludere, e le altre potevano trovare una conferma solo quando avrebbe letto la perizia del medico legale. Con la relazione avrebbe saputo con certezza se davvero quella vasca avesse avuto un ruolo. Purtroppo anche le tracce lasciate dalle auto erano numerose: era dunque incomprensibile capire quali fossero quelle da considerare.


Il Brano è tratto da “La voce del Padrone,” di Vincenzo Maria D’Ascanio, Sa Babbaiola Edizioni, 242 pagine.

 

I due fratelli Fresu


 Mentre uno steward gli offriva da bere, Fresu non poté fare a meno di pensare al fratello. Ricordò la loro infanzia, il cammino percorso insieme e di quanto la natura li avesse resi diversi, se non addirittura opposti. Lui aveva sempre vissuto per primeggiare, negli studi come nello sport, mentre Pietro era il classico perdigiorno di provincia. Frequentava quattro amici randagi, sempre pronti a creare problemi e far disperare i rispettivi genitori. Questo era durato per tutti gli anni delle superiori, infine, iscrittosi all'Università, Pietro aveva dato il peggio di sé.

        Invece di studiare letteratura, aveva pensato bene di fare la vita del filosofo/teppista, vivendo come il più classico dei vagabondi. Beveva smodatamente e dopo un anno fu assunto in una falegnameria, abbandonando così gli studi. Tra un chiodo e una trave si scoprì poeta, e cominciarono le collaborazioni con alcuni giornali indipendentisti, diventando popolare nell’ambiente nazionalista sardo.

        Come spesso gli capitava, tuttavia, in Pietro prevalse la sua inclinazione per la discontinuità. Decise di ritornare a Santa Chiara per aprire una falegnameria, e dopo qualche anno sposò Luciana. Raggiunse così un certo equilibrio, ebbe due bambini e una falegnameria tutta sua, dove realizzava anche degli apprezzabili lavori artistici.

        Dopo la morte della madre i due fratelli scelsero strade differenti. Giovanni diventò avvocato e astro nascente della politica isolana, mentre Pietro si votò a una vita tranquilla, persino ordinata. Nel suo appartamento romano Giovanni riceveva lettere con alcune poesie in sardo, mai firmate. Del resto non era necessario, infatti, per il deputato lo stile poetico del fratello era inconfondibile.

        Ora a tenerli uniti era il destino del vecchio padre, lentamente sprofondato nelle nebbie dell'Alzheimer. Tziu Francu aveva momenti di lucidità, ma era come un battello in balia della tempesta, orientato da un faro funzionante a intermittenza. La malattia l’aveva reso immune dai dolori e dalle gioie della vita, relegandolo in un’età senza tempo. Giovanni gli aveva assicurato la permanenza in una moderna casa di cura, ma lo incontrava con difficoltà. Il parlamentare non riusciva ad abituarsi: dopo ogni visita si sentiva profondamente sconvolto.

Il Brano è tratto da “La voce del Padrone,” di Vincenzo Maria D’Ascanio, Sa Babbaiola Edizioni, 242 pagine.

Le stanze del potere


 Il deputato attraversò l’aula con la sua consueta calma. Intorno a lui persone che lo salutavano chi sorridendo, chi con occhi carichi di collera. Talvolta qualcuno si avvicinava per stringergli la mano, altri per sussurrargli qualcosa. Lui assentiva o dissentiva con un gesto, dunque proseguiva per la sua strada.    

        Stava andando verso l’assemblea del Senato della Repubblica, che quel giorno era chiassoso come un’arena durante le fasi cruciali di un rodeo. Dava l’impressione di un’immane bottiglia di champagne, il cui tappo sarebbe saltato da un momento all’altro. Il Governo aveva posto la fiducia sulla riforma sanitaria, ma l'onorevole Fresu aveva svolto meticolosamente i suoi compiti.

        Nelle settimane precedenti si era dato un gran da fare per far quadrare un cerchio sempre più stretto. Qualche mese prima il Segretario gli aveva affidato la gestione dei numeri ma solo l'ultimo mese era stato decisivo, quattro settimane in cui tuonavano malumori, si concentravano ricatti e coercizioni, si utilizzava il bilancino per considerare i rispettivi interessi, personali o di cordata.

        Per questo, ma non solo, le ultime settimane furono oltremodo impegnative. Ore trascorse in riunioni riservate che si svolgevano in ogni dove. Nei locali come negli appartamenti di tutta Roma, nei bagni del Parlamento come in anonimi uffici della Camera, del Senato, dei Ministeri. Riunioni dove si parlava di tutto, fuorché della riforma sanitaria.

        Ora poteva finalmente rilassarsi, aveva combattuto e aveva vinto. Alla Camera la maggioranza era stata schiacciante. Al Senato la legge sarebbe passata con una forbice che andava da un massimo di quaranta a un minimo di trentacinque voti di scarto. Non ci sarebbero state sorprese, infatti, il lavoro di Giovanni Fresu consisteva proprio nell’evitare sorprese alla sua corrente, e in particolare al suo Segretario.

 

        Era sulla punta della lingua di tutti: quella era stata una sua indiscutibile vittoria. Nessun giornale lo avrebbe scritto, nessun talk show ne avrebbe parlato. Aveva operato con precisione chirurgica. Talvolta aveva inviato delegati a chiudere le trattative, persone che avevano il mero compito di mietere quanto lui aveva pazientemente seminato. Quando parlavano, in realtà, la voce non era loro ma di Giovanni Fresu, Sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia e responsabile organizzativo nella Segreteria Nazionale.

        Ora stava comodamente seduto in una posizione strategica: osservava attentamente il viso dei compari (nomignolo che aveva dato ai suoi colleghi anche dei partiti avversi) e osservava ossessivamente i loro visi, per cogliere un volto sin troppo tirato, o qualsiasi altra somatizzazione che potesse rivelare una coscienza non proprio pulita.

        Quando il Presidente del Senato proclamò i dati, un fragoroso applauso si levò dalle bancate. In tanti si alzarono dalle poltrone per salutare non tanto la nuova legge, quanto la vittoria del Governo. Altri, invece, urlavano frasi offensive, lanciavano pezzi di carta, cercavano l'aggressione con visi alterati da sentimenti ostili. Speravano che il Governo ammainasse bandiera bianca, ma le loro speranze naufragarono nelle burrasche delle correnti politiche.

Il Brano è tratto da “La voce del Padrone,” di Vincenzo Maria D’Ascanio, Sa Babbaiola Edizioni, 242 pagine.

Breve sintesi del romanzo

“La voce del padrone” narra le vicende successive all’omicidio di una donna a Santa Chiara, piccolo paese nella costa orientale della Sardeg...