martedì 4 gennaio 2022

L'avvocato Mario Esposito


     Quella mattina l’avvocato Esposito doveva incontrare Pietro Fresu. La sera precedente aveva lavorato al computer, per approfondire le parole di Deriu. Tuttavia aveva individuato un solo articolo, dove si scriveva che il MAN era stato un finanziatore dell’Odessa, l’organizzazione riservata alla fuga dei nazisti dopo il crollo del Terzo Reich. Erano presenti informazioni sulla stessa Odessa, che aveva contribuito alla fuga di Adolf Eichmann, uno dei più potenti e sanguinari gerarchi nazisti. Ciò aveva causato un feroce scontro col Mossad, i servizi segreti israeliani, che ne aveva decimato i vertici con la massima discrezione: incidenti d’auto, scomparse archiviate come fughe volontarie, suicidi sospetti, false e sanguinose rapine, improbabili sequestri.

Tuttavia non si diceva nulla a proposito del legame tra il MAN e la Rosa dei Venti: forse, se qualcosa era stato scritto, i legali della holding avevano prontamente agito per oscurarlo.

        A quel punto l’avvocato si fermò a riflettere: forse avrebbe ottenuto delle informazioni da David Menachem, un avvocato ebreo che da tempo viveva in città. Lo avrebbe contattato ricorrendo alle debiti cautele, anche perché con Menachem aveva un rapporto basato esclusivamente sul lavoro: la loro conoscenza si limitava a qualche caffè nel bar del tribunale.

 

        Esposito percorse il tragitto da Cagliari a Santa Chiara in tempi da record, 150 chilometri in cui l’Aston Martin dimostrò le sue potenzialità. Da questo punto di vista Mario era come un bambino. Aveva vissuto la sua infanzia e gran parte della gioventù nell’assoluta povertà, e se non fosse stato per la tenacia della madre la sua famiglia sarebbe andata a rotoli. Per questo non esitava a spendere per soddisfare i suoi desideri, e considerato che ormai era un principe del foro il suo conto era sempre in attivo, anche perché col tempo aveva imparato a destreggiarsi nel cambio delle valute monetarie. Spesso offriva delle soffiate anche a Giovanni, che comunque sapeva ricompensarlo garantendogli gli incarichi a disposizione, sino a farlo diventare uno degli avvocati più richiesti anche dagli altri dirigenti del Partito.

        Suo padre fece una brillante carriera militare, ma sperperava ogni lira nelle bische clandestine, che in quei tempi spuntavano come fiori nel cuore della Primavera. Mario ricordava perfettamente quando lui, la madre e i fratelli andavano a prenderlo in qualche covo della città. Tuttavia quell’uomo, nonostante i mille difetti, era di una bontà immensa e la madre, essendone innamorata, lo assolveva comunque. Per questo, se da un lato il giovane Mario visse nelle privazioni, dall’altro non gli mancarono l’affetto dei genitori e dei suoi fratelli, che avevano fatto l’impossibile per dargli la possibilità di studiare.

        Dopo aver parcheggiato, con la coda dell’occhio vide Pietro seduto sulla soglia, che fumava una sigaretta con aria assente. Aveva pensato bene di accorciarsi la barba: per la prima volta l'avvocato notò la somiglianza col fratello.


Il Brano è tratto da “La voce del Padrone,” di Vincenzo Maria D’Ascanio, Sa Babbaiola Edizioni, 242 

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